top of page

 

Come possiamo comportarci in una tale situazione? Come reagire?

In questo momento difficile, in cui sono crollati i nostri punti di riferimento, le nostre abitudini e la possibilità di fare previsioni e programmazioni ci è utile un atteggiamento resiliente.

 

La resilienza è  la capacità di un materiale di assorbire un urto senza rompersi. In psicologia è la capacità di affrontare e superare un evento traumatico e di uscirne rafforzati, con dei nuovi apprendimenti e con una nuova consapevolezza. In  sostanza, possiamo stressarci, ma poi usare le nostre risorse e le nostre capacità di adattamento per ritornare allo stato iniziale. A differenza dell’elastico, tuttavia, noi potremo ritornare a quello che eravamo "trasformati".

Ciò è possibile solo se riusciamo, ciclicamente, a scaricare le tensioni e gli stress accumulati e se riusciamo “ad oscillare” tra gli stati emotivi di sconforto ed abbattimento e quelli più positivi e fiduciosi, anche di fronte a significative avversità.

 

Roger Solomon, in un intervento online tenuto presso l’IPA il 6 aprile scorso, ci spiega quale è l’atteggiamento più efficace in una tale situazione.

Innanzitutto, sebbene l’attuale quarantena e le restrizioni siano pesanti, il sapere che servono per proteggerci da un pericolo, ha di per sé un effetto calmante. “Sapere cosa sta succedendo ci fa sentire più in controllo”.

 

Ogni volta che ci troviamo davanti ad un pericolo, abbiamo paura. Ad esempio, all’inizio di questa situazione di emergenza abbiamo probabilmente avuto paura di essere contagiati o di ammalarci; adesso abbiamo forse paura delle conseguenze economiche della pandemia. In questa situazione ci sentiamo vulnerabili, deboli, impotenti. Se rimaniamo però bloccati in questo momento di vulnerabilità, possiamo iniziare a sperimentare il panico. Ricordiamoci che ogni stato emotivo ha un inizio, un culmine e poi si affievolisce. Non dura per sempre. Appena passato lo shock paralizzante di fronte al pericolo, la nostra mente si attiva alla ricerca della soluzione: “Devo fare qualcosa!” E’ questo il momento della risorsa. Mi concentro dentro di me, per rispondere a qualcosa fuori di me.

Se proviamo a riflettere, pensare, immaginare come poter rispondere alla situazione di pericolo e magari cominciamo a farlo, sperimenteremo un senso di maggiore equilibrio: la risposta che diamo agli eventi esterni alimenta il nostro senso di forza e di controllo.

Dunque, conta poter mantenere la consapevolezza di quello che sta accadendo, sapere quale è il pericolo, consapevoli tuttavia anche delle nostre risorse interne e della nostra capacità di risposta: certo, ancora da inventare e da costruire.

Se non possiamo farci nulla, possiamo accettare la situazione negativa con rammarico … e tuttavia possiamo ancora fare qualcosa, ad esempio elaborare un piano positivo per noi: “visto che la situazione è reale, ne sono consapevole, lo accetto e: "cosa posso fare di positivo per me?”

Infine Roger Solomon cita Salvatore Maddi, professore dell’università di Chicago, il quale ha individuato tre variabili che caratterizzano la persona resiliente che ha superato un trauma:

  1. impegno verso se stessi - “Io ho un valore, la mia famiglia è importante, la mia vita ha un valore, e prendo l’impegno nei confronti di me stesso di affrontare questo problema.”

  2. controllo - “sono vulnerabile, ma non sono impotente”. Il controllo si esercita attraverso la possibilità di influenzare la situazione che stiamo vivendo.

Roger Solomon spiega come esercitare la nostra capacità di stare in controllo: “si può provare a pensare alla propria situazione attuale: qual è la parte peggiore di ciò che state vivendo? Immaginate cosa potete fare che potrebbe peggiorare questa situazione, provando ad immaginare 3 o 4 risposte"; probabilmente l’esercizio successivo vi riuscirà meglio: “provate a pensare ad altrettanti modi per migliorare la situazione”.

Un altro modo per centrarsi sul controllo, suggerisce ancora Roger Solomon, è quello di strutturare un programma quotidiano e rispettarlo: ci aiuta a sentirci padroni. In questo programma è consigliabile inserire dell’esercizio fisico. Se abbiamo difficoltà a fare attività fisica possiamo prendere l’impegno con noi stessi per soli cinque minuti, e sentire l’effetto che fa. Questo esercizio vale anche per la lettura di un libro: dopo i primi cinque minuti, saremo liberi di concludere o di andare avanti, valutando se ci piace o meno.

Infine, ricorda Solomon Roger,  un altro antidoto contro l’impotenza è la possibilità di rimanere in contatto con le persone attraverso internet: prendere un caffè virtuale, pranzare assieme, prendere un aperitivo alle 19: “Siamo biologicamente programmati per l’attaccamento agli altri esseri umani, e questo vale più che mai quando siamo sotto stress. Dobbiamo allungare la mano gli uni verso gli altri, prenderci sottobraccio (virtualmente) e andare avanti, condividendo le esperienze e cercando il conforto reciproco”.

   3. sfida - raccogliere una sfida significa dirsi che VALE LA PENA impegnarsi per risolvere questo problema. Posso crescere e imparare        attraversandolo. Posso beneficiarne accettando questa sfida e affrontando gli eventi. E questo rinforzerà il mio impegno verso me stesso in un circolo virtuoso.

L’ultima strategia è “un giorno alla volta”: è bene fare piani per il futuro, ma è fondamentale mettere tutta la concentrazione nel superamento di ogni singola giornata.

La situazione attuale può attivare in noi, attraverso l’innesco delle reti della memoria, ricordi precedenti di esperienze simili di impotenza, paura o vulnerabilità già vissute in passato. Può essere utile fare collegamenti retrospettivi e identificare tali ricordi, ed eventualmente rivolgersi ad una terapeuta EMDR la rielaborazione degli eventi della propria storia.

Anche Bessel van der Kolk in un Webinar dello scorso 3 Aprile si è occupato delle possibili strategie da utilizzare in questa situazione di pandemia. Ha spiegato che in queste settimane stiamo vivendo una condizione che potrebbe preparare il terreno allo sviluppo di una traumatizzazione psicologica, poiché coinvolge diversi aspetti centrali per la nostra vita: la sicurezza fisica e la malattia, le condizioni economiche e il costo psicologico del vivere rinchiusi in casa e separati dagli altri.

Ciò che favorisce infatti lo sviluppo di una traumatizzazione sono aspetti quali:

  1. Perdita di prevedibilità del mondo conosciuto

  2. Immobilità

  3. Perdita di connessione

  4. Ottundimento (Numbing out) e Distacco/Distanziamento (Spacing out)

  5. Perdita del senso del tempo

  6. Perdita del senso di sicurezza

  7. Perdita di senso e scopo nella vita

Ognuno sta vivendo l’attuale condizione in modo differente: ogni evento del passato, familiare o personale, può “tornare vivo e presente” nel nostro sistema emotivo oggi ed esserci d'aiuto nella situazione attuale, aiutarci a riflettere e a capire le diverse situazioni, ma anche al contrario contribuire a disorganizzare ulteriormente la nostra esperienza emotiva, proprio in virtù del riaprirsi di vecchie ferite.

bottom of page